martedì 5 gennaio 2016

Le trote alloctone sono fatte di materia alloctona


Trote mangiatopi! Paura, delirio, emozione! 

Finora nel blog ho parlato di alcuni miei articoli scientifici, ma erano tutti articoli che ho fatto piu' come hobby che come lavoro.

Il mio vero lavoro di ricerca (quello per cui sono stato pagato) e' abbastanza speciale. Per un totale di 4 anni e due mesi ho lavorato ad un progetto di dottorato i cui risultati cominciano a vedersi solo adesso, dati i lunghi tempi di pubblicazione. E quindi adesso e' il momento di divulgarli il piu' possibile: quindi questo e' il primo di una serie di 4 articoli che usciranno non appena i lavori relativi verranno pubblicati.

Lo scopo del progetto era capire come l'introduzione di pesci in laghi d'alta quota modificasse l'ambiente acquatico e quali effetti avessero sulla catena trofica.

Gli ambienti selezionati erano ideali: piccoli laghi in un'area naturale tra le "montagne" della Lapponia, dove tutte le attivita' umane (tranne la ricerca) sono vietate. Questi laghi, una volta completamente privi di pesci, ospitavano popolazioni introdotte di trote fario (autoctone in Finlandia, ma non negli ambienti di introduzione) di cui conoscevamo provenienza e data di introduzione.


La maggior parte dei pescatori pensano che gli impatti delle introduzioni di specie siano definite da interazioni fra diverse specie di pesci. Ma l'ecosistema acquatico e' molto piu' complesso dei soli pesci.

Il ruolo dei pesci nella catena trofica delle acque dolci e' molto complesso e ci sono molte vie di trasporto energetico che portano ai pesci.


Ma allora se non c'e' competizione con altri pesci cosa puo' mai succedere? Beh, c'e' tutta una serie di conseguenze sul resto dell'ecosistema che possono essere investigate con metodi moderni per trovare finalmente risposte alle nostre domande (e ovviamente generarne molte altre)

Proprio prima di cominciare il mio dottorato, come molti, avevo visto il DVD di un ottimo video di pesca a mosca, dove le trote (tutte introdotte in Nuova Zelanda) facevano incetta di piccoli mammiferi.



La predazione di piccoli mammiferi non e' dunque una novita', ma rimane un fatto abbastanza difficile da provare scientificamente (perche' oggettivamente difficile da documentare, al di la' della singola foto che fa impressione, in maniera rigorosa). Inoltre rimangono molti dubbi sulla sua regolarita' e consistenza, in termini di popolazione.

Potrebbe essere anche un fenomeno esclusivo di alcuni individui che hanno sviluppato una preferenza per questo tipo di prede piuttosto che un'abitudine diffusa. E poi potrebbe essere una cosa momentanea, durante dei movimenti migratori dei mammiferi o in momenti particolari. Eppure potrebbe essere anche qualcosa di sostanziale, visto che una preda vertebrata proveniente dall'ambiente terrestre potrebbe portare energia di qualita' superiore rispetto ad una preda acquatica.

Il classico metodo di investigazione per questo tipo di studi e' il quello dell'analisi del contenuto stomacale. E' molto semplice, si tratta di guardare nello stomaco dei pesci e catalogarne i contenuti. Ha il grosso pregio di essere diretto ma porta con se' alcuni difetti di cui e' bene essere coscienti, tra questi senza dubbio il fatto di portare evidenze solo dell'ultimo pasto, fatto negli ultimi giorni.

Tecniche piu' moderne permettono di investigare la dieta su di un periodo piu' lungo. L'analisi dei tessuti con diverse tecniche di laboratorio permette di stabilire che origine hanno i componenti fondamentali dei tessuti stessi, siano essi proteine o grassi.

Queste analisi coprono un periodo molto piu' lungo, e variabile in base al tipo di indicatore e di tessuto, visto che ci sono tempi diversi di rigenerazione cellulare.

E qua c'e' stata la prima sorpresa:

Nonostante i contenuti stomacali indichino che solo il 30% del volume delle prede e' costituito da animali provenienti dall'ambiente terrestre le altre analisi rivelano che gran parte del loro corpo (60% o piu') e' composto da energia terrestre

Nel corso di due anni (2010 e 2011), in un campione rappresentativo della popolazione, i piccoli mammiferi, come si intuisce dalla foto iniziale, costituivano una parte importante del volume delle prede (23%). Inoltre, la composizione dei tessuti era sempre in larga parte dominata da elementi terrestri, sia per tessuti con diversi tassi di rigenerazione (settimane o diversi mesi) che per diversi indicatori presi in esame. Alcuni dei quali sono stati sviluppati proprio dal mio team per la prima volta.

La prima conclusione e' quindi che le prede terrestri sono molto importanti per l'intera popolazione, anche nel lungo periodo.

Come in un famoso film, al destino non manca il senso dell'ironia.
Questi pesci alloctoni si nutrono infatti in gran parte di prede alloctone all'ambiente acquatico.

E questo e' abbastanza controintuitivo, anche se noto per trote che vivono nei fiumi (dove la produzione acquatica e' in generale inferiore). E' possibile che la dimensione del lago influisca su questa caratteristica, favorendo le interazioni con l'ambiente terrestre.

Ma allora questa componente trofica e' legata in gran parte ai piccoli mammiferi? Dopotutto componevano la gran parte del volume delle prede, ma essendo di grandi dimensioni non e' molto scontato che non siano un cibo occasionale. In piu' il 2011 e' stato un anno con un boom di popolazione di piccoli mammiferi, quindi potrebbe esserci l'influenza di una stagione particolarmente favorevole.

In effetti i piccoli mammiferi, specialmente ad alte latitudini, hanno cicli di popolazione ben noti, e di cui avevamo dei dati sul lungo periodo.
Ma incrociandoli con i dati sulla composizione dei tessuti, analizzati su un periodo temporale piu' lungo, non si vede nessun segnale relativo alla disponibilita' di piccoli mammiferi come prede.

Il contributo di prede terrestri nei tessuti delle trote sul lungo periodo non e' influenzato dall'abbondanza di prede vertebrate terrestri

A livello di popolazione quindi sembra che il supporto offerto dalle prede di origine terrestre non sia legato alla disponibilita' di prede vertebrate ma sia forse integrato, negli anni con meno mammiferi, da altre prede, probabilmente da invertebrati.

Negli ultimi anni c'e' stato un notevole passo avanti nella comprensione delle connessioni fra ecosistemi aquatici e terrestri, una connessione investigata soprattutto per quanto riguarda le basi delle reti trofiche (fitoplankton e batteri) ma la nostra ricerca prova che le connessioni potrebbero essere molto rilevanti anche per le parti alte della catena trofica e anche per ambienti acquatici, come i laghi, che si pensava meno connessi all'ambiente terrestre.

Ovviamente questo e' solo il primo passo, che forse offre piu' domande che risposte, ma e' sicuramente un passo avanti nella comprensione del funzionamento degli ecosistemi acquatici e dei meccanismi di interazione tra specie introdotte ed ambiente.

Se avete domande chiedete pure nei commenti, anche se per alcune risposte dovrete forse aspettare la pubblicazione dei prossimi articoli.
Trovate qui la seconda parte di questa serie.

Riferimenti bibliografici:
Milardi et al., Terrestrial prey fuels the fish population of a small, high-latitude lake, in press
DOI: 10.​1007/​s00027-015-0460-1
O su Researchgate (dove dovrebbe essere disponibile il testo completo)

6 comments:

Emakhno ha detto...

molto interessante, grazie della pubblicazione. Sto ancora assimilando gli argomenti, ma proverò a porre una domanda: In questa interazione trofica tra ambiente acquatico e terrestre, quanto è determinante il fatto che questi pesci siano stati introdotti? cioè quanto variano queste interazioni in laghi popolati da specie autoctone e che quindi si sono sviluppate in un ambiente acquatico più adatto a loro e quindi (forse) più ricco di altre specie?

Marco Milardi ha detto...

Grazie per la domanda che in effetti e' molto interessante e mi permette di aggiungere una dimensione a quanto gia' scritto.

Per quanto riguarda l'interazione trofica tra diversi ambienti non fa molta differenza se i pesci sono stati introdotti o meno. Possiamo ragionevolmente ipotizzare che le relazioni trofiche con l'ambiente terrestre non siano troppo influenzate dall'autoctonia o meno delle popolazioni, ma che ci siano fattori piu' determinanti.
E' interessante notare pero' che questo vale per laghi simili a quello studiato ma non per tutti i laghi ovviament. E' probabile, come suggerisci tu, che in altre situazioni con produttivita' piu' alta e un maggior numero di specie (anche di pesci) in acqua i rapporti si modifichino. Anche se l'opportunismo dei pesci potrebbe comunque condurre ad un'elevata predazione su animali terrestri, se questi hanno forti pulsazioni stagionali.

Credo che appunto ci siano diversi fattori a regolare questa interazione. A naso potrebbero essere il rapporto fra riva e superficie, l'intensita' nella disponibilita' delle risorse e la produttivita'/numero di specie a farla da padrone.

Emakhno ha detto...

certo, le variabili sono tante e come dicevi nell'articolo non é facile trasformarle da empiriche a misurate scientificamente. Io sto ancora studiando (scienze naturali) ma ho la fortuna di vivere in un posto, i castelli romani, ricco di laghi vulcanici più o meno antropizzati (più più che meno), e mi hai dato un buono spunto per una eventuale ricerca futura, quindi grazie e complimenti per il blog che seguo ormai da anni.

Marco Milardi ha detto...

Grazie per i complimenti.
Anche se la ricerca e' solo un hobby per me, almeno al momento, fammi sapere se ti serve una mano o cooperazioni nelle tue future ricerce...e in bocca al lupo!

Unknown ha detto...

Ciao,
avrei una curiosità: ho letto che i campionamenti li avete fatti in estate, ma per caso avete anche dati relativi alla dieta invernale durante il periodo in cui il lago è ghiacciato?
Ho collaborato ad uno studio sulla dieta di alcune popolazioni alloctone di Salvelinus fontinalis sulle Alpi, in condizioni ambientali molto simili a quelle descritte nell'articolo; però anche nel nostro caso i contenuti stomacali sono stati prelevati nel periodo giugno-settembre (e anche in questo caso il ruolo delle prede terrestri è fondamentale).
Mi sono sempre chiesto se, durante il periodo in cui i laghi sono coperti dal ghiaccio, i salmerini (trote nel tuo caso) si concentrino su una dieta zooplanctivora, se magari aumenti il tasso di predazione su altri pesci o se ci sia una riduzione del ritmo metabolico.
Se hai qualche dato o idea al riguardo, sono interessato. :)

Marco Milardi ha detto...

Ho pochi dati relativi alla dieta invernale in questo lago ma altri studi sono stati fatti e pubbicati (e.g. Eloranta et al., Hayden et al. etc.) sulla dieta invernale dei salmonidi (specialmente di salmerini alpini).
In generale pare che la predazione si sposti su insetti acquatici e zooplakton (copepodi di grandi dimensioni) ma che comunque ci sia un fortissimo calo metabolico e addirittura una fase di digiuno prolungata.
Nel caso del mio sistema i pochi dati che ho suggeriscono che non sia aumentata la dieta piscivora (anche per un problema di taglie) e che la dieta zooplanktivora sia comunque limitata, principalmente era una dieta basata su insetti acquatici. Ma erano dati comunque troppo limitati (qualche lavanda gastrica) per avere un quadro credibile.

Posta un commento